La solitudine dell’orso

Un assolato e rovente pomeriggio di luglio, tipico siciliano, squilla il mio cellulare. Lo prendo al volo. Osservo velocemente il nome sullo schermo. Apro la chiamata con un sorriso stampato in volto.
 
Ciao Marco, come stai?… Ascolta, io e D. vorremmo passare un paio di giorni nella tua zona, come ai vecchi tempi… la spiaggia di Eloro non potrà mancare nel nostro itinerario: come tanti anni fa.

 
La mia risposta fu prontamente affermativa, nonostante il periodo intenso di impegni, scadenze ministeriali e quant’altre astrusità concorsuali dell’ultima ora.
 
Sapremo organizzarci per il meglio anche se sono pieno a tappo…! Ah, prima che me lo dimentico: porta una copia de La solitudine dell’orso a un Urso!.
 
Causa impegni lavorativi prima, causa covid poi, non mi è stato possibile assistere alla presentazione del libro già organizzate al Nord Italia.
 

E così La solitudine dell’Orso arrivò a casa mia, così come l’autore e D. “mia cugina”.

Andrea è subito chiaro fin dal momento in cui mi passa per mano il suo libro: troverò mischiate con la fantasia tutte le nostre esperienze passate e… devo ammettere solo dopo averlo letto che avesse ragione!

Il tema principale del racconto è sicuramente il viaggio di un gruppo di amici e compagni di università subito dopo la fine della sessione di esami: la voce narrante, Giulio e il suo vecchio Fiat Talento, Max e la sua latente malattia, Martina l’amica del cuore, Ludovica e la sua teoria dell’orso, Anna e Dario gli imboscati.
I luoghi principali sono quelli della terra natìa, la Sicilia, e precisamente la Sicilia orientale (Portopalo di Capo Passero, la spiaggia di Eloro, la pineta del Gelsomineto di Avola, Catania e l’università con la facoltà di Lettere e Filosofia (dove tutto, fantasia e realtà è partito) si scontrano con i non-luoghi della crescità, del lavoro, della vita che scorre (Bruxelles, Barcelona, il paesino in provincia di Bergamo).

La musica si trova intrecciata magistralmente con i sentimenti sia della voce narrante sia con quelli che ognuno di noi incosciamente ha associato alle melodie, ai testi, ai rumori e alle storie accadute nelle nostre adolescenziali esperienze.

Andrea lo specifica chiaramente, nero su bianco, nei Ringraziamenti a fine opera quale sia il lavoro dello scrittore, cioè di miscelare le storie, anche vissute, in un intreccio che profuma di ricordi, di sicilianità, di mare, di amori fugaci, di precarietà, di giovinezza. Così come non vanno nemmeno ricercate nelle caratteristiche, azioni, pensieri, ricordi, espressioni dei personaggi noi che abbiamo lasciato il segno in Andrea: perché “nessuno sotto forma di personaggio, perché ognuno di loro (cioé i personaggi) è solo di carta, d’invenzione, mentre questi ultimi (cioé noi) sono in carne e ossa”.

Quel viaggio che è stata l’idea principale di questo racconto però, è realmente esistito. Purtroppo non ricordo più come mai non feci parte di quella “comunità sentimentale” a partire da lì. Sarebbe stata tutta questione di tempo, così come le diverse velocità con le quali le nostre vite hanno preso strade lontanissime (seconda parte del libro).

E tante, tante altre emozioni che rimando alla lettura!

Grazie Andrea per averci riportato alla nostra adolescenza (in senso moderno del termine).
Grazie per essere stato ed essere ancora il “collante” di tutti noi.
Grazie di averci ricordato che le amicizie universitarie ci rimarranno sempre nei nostri cuori: anche se battono lontano fisicamente, saranno vicini lo stesso nei nostri ricordi quotidiani.
Sicuramente, però, ci hai ricordato che il tempo passa e che, inesorabilmente, siamo diventati adulti.

Marco Urso