Vivo come un cammello in una grondaia in questa illustre e onorata società! E ancora, sto aspettando, un'ottima occasione per acquistare un paio d'ali, e abbandonare il pianeta.

Mese: Gennaio 2015

Fontana delle tartarughe «Chi deve intervenire?»

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  • Domenica 11 Gennaio 2015
  • Siracusa,
  • pagina 30

le disastrose condizioni della fontana delle tartarughe

«Salviamo la fontana delle tartarughe». Lo chiedono cittadini e associazioni, specie dopo il crollo, nella notte di Capodanno, di un altro pezzo di storia della città: l’arco della vecchia tonnara di Mare Vecchio. Se nel caso dell’arco, però, a intervenire avrebbero dovute essere i proprietari, per quanto riguarda la fontana la vicenda è più complessa. Abbandonata da anni in uno spazio adiacente ai binari della stazione ferroviaria, la fontana dei primi del novecento, realizzata da Antonino Mangiagli, lo stesso che ideò la fontana dei tre leoni in piazza Vittorio Veneto, ricade in uno spazio di proprietà delle Ferrovie dello Stato. Tra i primi a sollevare la questione è stato Marco Urso, che da anni si occupa di storia locale, insieme a Luca Caldarella e Salvo Rametta.
«È doveroso chiedersi – dicono – a chi apparteneva lo spazio in cui si trova tuttora la fontana delle quattro tartarughe. Alle Ferrovie dello Stato? E’ dunque competenza dello Stato intervenire per salvarla? La fontana originariamente si trovava nella villa Comunale e solo dopo fu spostata nel piazzale chiuso della Stazione. In ogni caso è certo che deve essere il pubblico ad intervenire. Dal regolamento per l’utilizzo delle zone pubbliche di proprietà delle Ferrovie dello Stato – precisano – si evince che nell’area ferroviaria rientrano i terreni appartenenti alle ferrovie, immobili inclusi, su cui si trova una stazione. Vengono definite zone pubbliche le parti delle proprietà delle ferrovie accessibili al pubblico. Sono considerate strutture pubblicitarie tutte le installazioni fisse che servono (direttamente o indirettamente) alla pubblicità, come ad esempio i posti per affissi. Sotto promozione vengono riunite tutte le attività temporanee che servono ad attivare le persone, in particolare ad accrescere il grado di notorietà o i risultati della vendita. Tra queste vi sono sia gli utilizzi commerciali che ideali. Negli utilizzi ideali vi sono tutte le attività per perseguono tra l’altro interessi politici, religiosi, umanitari, culturali o ecologici, escludendo qualsiasi utilizzo commerciale».
La stazione ferroviaria di Avola da qualche tempo è al centro dell’attenzione dei cittadini anche per lo stato di degrado in cui versa, nonostante giornalmente sia frequentata da decine di pendolari, soprattutto studenti. L’area è in stato di abbandono e la notte si trasforma in covo di ritrovo per tossici e alcolizzati. Alcuni angoli sono stati trasformati in vespasiani e le condizioni igieniche sono precarie. Ed è proprio qui che si trova la fontana delle tartarughe, ormai danneggiata e in cattivo stato: solo una delle quattro tartarughe scolpite ai bordi della vasca è rimasta indenne. L’assessore alla cultura, Giuseppe Morale, ha commentato: «Inoltreremo una richiesta formale alle ferrovie dello Stato affinchè si prendano dei provvedimenti per bonificare quest’area e per capire quale sarà il destino della stazione ferroviaria di Avola». A far discutere da anni anche il pessimo stato in cui versa l’arco settecentesco dell’Arena Moderno, a rischio crollo. In questo caso, a rendere difficoltoso l’intervento non è solo l’assenza di finanziamenti pubblici, ma anche il fatto che la proprietà del portico è riconducibile ad una decina di persone, alcune delle quali non più in vita.
Cenzina Salemi

11/01/2015

Avola celebra il sisma che la distrusse nel 1693

Dopo il terremoto la città è risorta a pochi chilometri di distanza

  • Martedì 06 Gennaio 2015
  • Siracusa,
  • pagina 28

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la pianta esagonale di avola

Avola. A pochi giorni dall’anniversario del terremoto del 1693 che distrusse anche l’antica Avola, i riflettori si accendono sulla necessità di tutelare e valorizzare il patrimonio storico. Per questo, i “Peripatetici di Eloro”, un gruppo di cittadini che da anni si riunisce liberamente per riflettere e mettere in campo azioni di tutela e promozione del territorio, ha organizzato, per domenica prossima, una “camminata filosofica, letteraria e storica” con raduno, alle 9,30, in piazza Crispi, per poi spostarsi ad Avola Antica. Al termine, Don Giuseppe Di Rosa celebrerà una messa.
«Purtroppo, dopo 322 anni di distanza da quel tragico terremoto, manca ancora un piano serio sui beni culturali avolesi», dice Marco Urso del gruppo dei Peripatetici. «La politica di ieri e di oggi – prosegue Urso – ha fallito perché non ci ha minimamente pensato. E andrà sempre peggio se chi può ricercare i finanziamenti e i collegamenti tra gli Enti, non lo fa». In Sicilia, il disastroso terremoto del 9 e 11 gennaio 1693, colpì soprattutto il Val di Noto, cioè il territorio sud-orientale dell’Isola. Avola ha saputo risorgere con caparbietà dalle rovine del terremoto che la distrusse in buona parte. La città oggi vanta una nuova struttura urbanistica basata su di un sistema a croce di strade incastonato all’interno di un esagono, progettato da frate Angelo Italia. La struttura presenta la particolarità di avere una grande piazza quadrata centrale posta all’interno di una croce ideale alle cui estremità si posizionano altre piazze minori. Il nuovo sviluppo urbano fu realizzato partendo dal monte Aquilone, antico insediamento urbano raso al suolo dal terremoto, per poi invadere la piana e gli stabilimenti della tonnara presenti nella costa. La città fu ricostruita per volere del principe Nicolò Aragona Pignatelli, Duca di Terranova. Il terremoto del Val di Noto rappresenta, assieme a quello del 1908, l’evento catastrofico di maggiori dimensioni che abbia colpito la Sicilia orientale in tempi storici, con una “magnitudo momento” pari a 7,4. I Peripatetici, nell’ultimo periodo, si sono riuniti ben quattro volte per accendere i riflettori sulla storia di Avola, grazie al contributo e alla partecipazione del professore Paolo Magro, studioso di storia locale. Intellettuali e cittadini comuni hanno così puntato l’attenzione su siti archeologici, beni architettonici e monumentali da valorizzare e tutelare. Da ultimo la “fontana delle quattro tartarughe”, consegnata al degrado. «Questa Fontana – spiega Urso – opera dello scultore avolese Antonino Mangiagli, fu spostata dalla Villa Comunale e adesso giace in rovina in un piazzale chiuso della stazione ferroviaria. La fontana aveva quattro tartarughe scolpite, ma, purtroppo, solo una si è salvata».
Cenzina Salemi

Monumenti, manca un Piano

Dopo il crollo dell’arco della Tonnara, ribadita la necessità di salvaguardare il patrimonio

  • Mercoledì 07 Gennaio 2015
  • Siracusa,
  • pagina 27

    SR0701-SR05-27

Avola. L’arco della Tonnara ormai è “andato”.
Il dibattito sulle responsabilità per la mancata prevenzione e salvaguardia di quello che era il simbolo turistico della città, si prolungherà per mesi.
Nel frattempo, l’attenzione si sposta su tutti gli altri beni archeologici, monumentali e paesaggistici che in città non godono di un buono stato. A dispetto di una segnaletica nuova di zecca ad esempio, il cosiddetto “Dolmen Ciancio” che porta il nome dello storico che lo scoprì per primo nel lontano 1961, versa in uno stato di abbandono. Menzionato in tutte le guide turistiche della città, questo sito archeologico si trova a ridosso della cittadina avolese. Una volta imboccata la strada verso contrada Falaride però, si rischia di non trovare più il monumento.
Una piccola targa con la scritta “dolmen” piantata su di un palo d’alluminio a ridosso di un albero di ulivo è l’unica indicazione che si trova. Lasciato il mezzo sul ciglio della strada, si deve provare a trovare il dolmen un po’ per intuito. Una staccionata in legno sembra accompagnare il turista verso la “meta”. Nascosto fra “le canne” e gli arbusti, in lontananza si intravede il dolmen. Raggiungerlo non è semplice. Il sentiero è sparito e si deve attraversare anche un piccolo torrente e appena si giunge a ridosso di quello che dovrebbe essere una costruzione risalente al neolitico si rimane un po’ delusi.
Manca una targa, una indicazione scritta su di un legno oppure meglio incisa nella roccia, che spieghi la storia e la scoperta di questo monumento. Niente. Spiccano invece tre pilastri di mattoni “dei nostri tempi” che a quanto pare servono a sorreggere la struttura. Il cattivo gusto e la poca attenzione alla “storicità” sembra non essere mancato a chi ha pensato di fare questo intervento che nulla a che vedere con la conservazione di un bene. Sarà forse perché un bene storico non lo è? Allora a che serve cotanta brillante indicazione stradale a dispetto di un totale abbandono?
«Non mi sento di definirlo Dolmen», dice Marco Urso laureato in archeologia e profondo conoscitore dei beni storici della città. « L’unico – aggiunge – che lo chiamasse così era Salvatore Ciancio, lo studioso che lo scoprì nel ’61. Sarebbe in sostanza da studiare se effettivamente sia stato un vero dolmen, un semplice riparo naturale oppure nulla di tutto ciò».
Eppure in quell’area la storia c’è. «Mi preoccuperei di più – continua Urso – di tutte le testimonianze cristiane nella zona che sono quasi totalmente distrutte anche se qualche tomba è ancora visibile ed è a pochi metri dal presunto “dolmen”. Questa amministrazione e anche le precedenti non hanno mai preparato un Piano per la gestione e la conservazione dei beni archeologici e monumentali di Avola. Spero che il crollo dell’arco della Tonnara abbia insegnato qualcosa».
Francesco Midolo

07/01/2015

Invece di spostar Gioconde…

Arco della Tonnara di Avola ormai caduto Foto di Nino Giglio

Arco della Tonnara di Avola ormai caduto
Foto di Nino Giglio

Se alcune località hanno ben pensato che per aumentare ulteriormente il turismo, anche e non solo, bisognava partire dalla conservazione dei luoghi, dalle ristrutturazioni di intere antiche tonnare, dalla memoria dei spazi, nella mia città non posso che constatare l’annunciata fine della nostra arte, dei nostri luoghi, costruiti e vissuti dai nostri antenati.
Ognuno di noi ha sicuramente un antenato muratore, marinaio, pescatore, ecc. e che ha lavorato nella nostra tonnara.
Una morte annunciata e affogata da un mare di esperti, di “ci abbiamo già pensato!”, di querele sterili e inutili.
Il tutto mentre il liberty è quotidianamente distrutto senza estendere i vincoli (più di 70 anni), mentre l’Arena Moderna sta per crollare, gli archivi sono abbandonati e semidistrutti, le biblioteche vuote e aperte a metà giornata, i musei solo sulle carte (magari un museo delle carte!), i frantoi chiusi o aperti su prenotazione, i ponti con più di 70 anni che di giorno verranno abbattuti e di notte no. Ma c’è sempre una speranza: un presepe o…una sagra!

Quando impareremo che invece di “spostar Gioconde” bisogna seriamente impegnarsi a una POLITICA locale sui beni artistici-storici-archeologici come la realtà ce lo richiede?

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